Cultura della rete e stroncature letterarie

“Uno vale uno” dice un motto di un movimento politico che della rete ha fatto la sua religione, oltre che la naturale piattaforma di comunicazione. Dunque non solo chiunque può scrivere e essere letto, ma chiunque si sente autorizzato a dire qualsiasi cosa su qualsiasi argomento. Le democrazia delle opinioni nella rete ha trovato la sua espressione massima e definitiva. Forse è un bene, ma certo alcuni effetti – tra il grottesco e l’assurdo – vengono prodotti.
C’è un blog ad esempio che raccoglie da vari siti di libri (si va da Amazon e Anobii) le più improbabili stroncature di classici della letteratura. Il primo effetto è comico: definire “stupida” la storia di Romeo e Giulietta (sì, proprio quella del Bardo), dire che Gadda “era meglio che faceva l’ingegnere”, perché “la lettura deve essere piacere, non un arrovellarsi su problemi che neanche tu hai saputo risolvere”, dire che Orgoglio e Pregiudizio sia una “sorta di Beatiful dei poveri”, possono sembrare delle prese in giro, dei raffinati scherzi letterari. E invece no, tutto vero: chi scrive queste cose non solo le pensa, ma è orgoglioso di andarle a raccontare in giro, nascosti, appena un po’, dallo schermo dello pseudonimo.
Il punto è che la cultura della rete (e quella che sta diventando la cultura in generale) non conosce più principio di autorità, gerarchia delle conoscenze, autorevolezza e competenza. Tutti possono dire tutto su ogni cosa: la qualità dell’osteria sotto casa, la riforma del fisco, le politiche interne di Obama, la qualità dei libri letti. E i libri sono tutti uguali: da Orgoglio e Pregiudizio all’ultimo harmony, si classificano con le stelle: da uno a cinque. E se i maggiori critici, i più grandi esperti, i massimi studiosi hanno certificato il capolavoro, non vale nulla, appartengono alla casta e l’opinione loro vale quanto la mia.
C’è qualcosa che non funziona, in questo mondo, ma è l’unico in cui ci è dato vivere: dobbiamo sopportare.